mercoledì 25 marzo 2015

Lillo Melidoro: les jeux sont fait! (4 - racconto)


Beh... non esageriamo, non è proprio Patrizia!

Torna Pasquale Melidoro, nomato Lillo.
Dovete sapere, e questa è storia, che nel paese natio del nostro eroe, qualsiasi nome maschile è abbreviato in Uccio o Lillo. Vi chiamate Pasquale? Siete Lillo. Vi chiamate Raffaele? siete Uccio, Vi chiamate Carmelo? Ecco qui potete scegliere: Uccio o Lillo! E non vado avanti per non tediarvi.
Tornando alla nostra storia, che so non interessare essenzialmente a nessuno, stiamo arrivando verso i passaggi finali. Stavo per scrivere 'la conclusione', ma poi mi sono detto: e che penseranno i miei lettori? Una storiella così, da poco e di poco conto... . Almeno diamogli una parvenza di decenza.
E così succede che...


Lillo Melidoro: les jeux sont fait!
 


Patrizia guardò l’orologio sul comodino. Perché Lillo tardava?
Scosse la testa sul cuscino, dicendosi che quella storia non poteva continuare. Non ce la faceva più a badare a tre cani alla catena ma pronti a saltarle ugualmente addosso.
Bastava un passo falso, un momento di distrazione e tutto andava a puttane.
Rise, girandosi verso la toeletta e guardandosi allo specchio.
Tutto andava a puttane! Ma non era quello che aveva sempre fatto? La puttana?
Don Alfonso era stata la fortuna della sua vita: incontrarlo, fargli perdere la testa, riuscire a farsi sposare, a spillargli ogni giorno una fetta bastevole della torta.
Lillo era stato il primo passo verso l’aria fresca, quello che gli doveva dare ciò che don Alfonso non poteva: la giovinezza, la forza, i muscoli, l’allegria.
Benny era il secondo passo: per uscire dal solito giro, cominciare a guardare fuori casa (perché Lillo, in fondo, era sempre una dipendenza di don Alfonso), l’avventura pura, senza annessi e connessi.
Le era venuta voglia di una sigaretta. Allungò la mano verso la borsa, ma poi ricordò che a Lillo dava fastidio il fumo in camera da letto e lasciò stare.
O era a Benny che non piaceva? O a don Alfonso?
Le cose si stavano maledettamente complicando.
Non riusciva più a reggere la situazione.
Ma perché Lillo tardava così tanto?

*****

Lillo parcheggiò l’auto, entrò nell’alberghetto, sopportò la solita manfrina di Mimì e salì in camera.
Patrizia era già pronta, come al solito.
Sbrigarono la faccenda in modo sufficiente e per un tempo al minimo sindacale.
Poi Lillo si accese una sigaretta.
‘Allora non è lui che non sopporta il fumo in camera’ pensò Patrizia.
Distesi su quel che rimaneva di coperte e lenzuola, erano tutti e due in silenzio, ognuno aspettando che fosse l’altro a dire qualcosa.
“Come sta Benny?”
“Chi?”
“Benny… “ questa volta non era una domanda.
“E chi è questo Benny?” Patrizia si era girata verso Lillo puntandosi col gomito e lasciando pendere il seno destro nel vuoto.
“Quello che devi incontrare domani… ” rispose Lillo sempre rimanendo a fissare il soffitto.
“Ma di che stai parlando?” La voce di Patrizia salì di un semitono.
“Senti” disse Lillo voltandosi verso la donna, “mettiamo le cose in chiaro: so tutto di te e Benny, e come faccio a saperlo non ti riguarda, non fa differenza. Quello che fa differenza, almeno per te, è che lo sa anche il boss”.
Patrizia rispose ricadendo sul cuscino, con i seni che le si divisero, ognuno dalla propria parte.
(Patrizia non ha mammelle molto grosse, ma riescono ad andare indipendentemente, quando la gravità lo richiede.)
“E… tu come fai a… sapere che lui… lo sa?”
La domanda era precisa, perché metteva nel giusto ordine gli uomini: prima il boss e poi Lillo.
“Ok, giochiamo a carte scoperte. Don Alfonso mi ha chiamato e mi ha detto che lui sa che c’è qualcuno che si tromba la moglie e vuole che io faccia un controllo.”
“Ma anche tu vieni a letto con me! E da prima di Benny!”
Finalmente ci era arrivata.
“Già che Benny mi faccia concorrenza non mi va. Che poi sia venuto dopo di me mi piace anche meno.”
I due fecero silenzio per un po’.
Patrizia stava prendendo coscienza che, forse, la favola era finita.
Ma una parte della sua bionda testolina, lì dentro, aveva già iniziato a cercare una soluzione.
“Senti, se Alfonso sa di Benny, potrebbe sapere anche di te… “ iniziò senza sapere bene dove andare a parare, tanto per far partire la macchina.
“È vero, ma dimentichi che sono io a dover dare una risposta a don Alfonso.”
Il  cervello di Patrizia correva, correva senza una meta. Doveva analizzare ogni parola, ogni situazione, cogliere ogni sfumatura che le desse un vantaggio.
Poi capì all’improvviso che l’unica soluzione era trattare con Lillo, cedere momentaneamente  le armi.
“E allora che si fa?” chiese.
“Bene, questa risposta mi piace” disse Lillo.

(... continua... )

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In copertina dipinto di J.H. Fragonard, pittore di cui non avevo mai sentito parlare prima e di cui, sinceramente, non sento l'esigenza di approfondire la conoscenza... 

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