sabato 31 ottobre 2015

Racconto per Halloween: Dolcettoscherzetto!

Ho ceduto anch'io...
Dolcetto o scherzetto? Oppure...

Devo dare il mio contributo a questa festicciola che, purtroppo, sta prendendo piede anche nelle nostre contrade e nei nostri assembramenti urbani.
Con Fabrizio Corona ormai in giro a imperversare nelle discoteche di tutt'Italia invece di starsene al calduccio di una cella (come il popolo italiano aveva deciso in una sentenza di appena 4 anni fa... ) è assicurata la paura di fare brutti incontri e così mi cimento con un brevissimo racconto semihorror, semidinicchia, semiscemo.
Non cercate alcun riferimento dotto e se anche non ci capite niente dopo averlo letto, non vi preoccupate: non c'era niente da capire.
Abbiate una serena serata e un giocondo fine settimana!


Racconto per Halloween:
Dolcettoscherzetto!
(dove c'è chi scherza e chi fa sul serio - urca se fa sul serio!)

- Arghhhh - urlò il ragazzino comparendo da dietro l'angolo travestito da cardinale
Ratzinger.
Lello, che stava entrando di corsa nei bagni della stazione, rimase impietrito e sentì qualcosa di caldo scendere lungo le cosce e i polpacci e poi giù giù fin dentro le adidas nuove arancioni e nere.
- Che schifo! - urlò la donna delle pulizie col mocio in mano, guardando la pozza gialla ai piedi di Lello. - Ma proprio qua dentro dovete venire a fare queste porcherie? Tu, non potevi fare il dolcettoscherzetto come tutti? E tu, deficiente, manco avessi 2 anni, che ti pisci addosso!
Lello rimase ancora qualche secondo immobile, poi fissando il ragazzino negli occhi mise la mano sotto la giacca, torcendo il braccio dietro la schiena, tirò fuori qualcosa di compatto e lucente, lo puntò contro di lui girandolo di 90 gradi e tirò il grilletto.
Una, due, tre volte: pam! pam! pam!
Il ragazzino (che visto col senno di poi in effetti avrebbe fatto meglio a fare dolcettoscherzetto) voleva capire cosa stesse succedendo, ma ebbe solo il tempo di vedere il pavimento avvicinarsi a velocità supersonica al suo naso e poi più nulla.
- Che schifo! - urlò la donna delle pulizie, guardando la pozza rossa mischiarsi con quella gialla. - Che serata di m***a! Altro che Halloween, qui c'è solo da lavorare!
E andò a riempire il secchio d'acqua e candeggina.

Fine

(ho voluto aggiungere la parola "fine" perché non sapevo se si capiva che era finito)

L'Oste Juan

(avrete notato che nel titolo ricorrono tre parole che 'acchiappano' in questi giorni nei motori di ricerca: racconto, Halloween e Dolcettoscherzetto. Non sono lì per caso, non faccio il finto santerellino: le ho cercate apposta per avere più lettori. Lo stesso dicasi per la tizia poco vestita della foto.)

mercoledì 28 ottobre 2015

Il secondo mondo che ho visto

Quindi è pericoloso mangiare un wurstel alla brace, Valentinorossi perde il mondiale (e quindi anche un bel pacco di eurini) per un calcio dato ad un centauro concorrente (ma pare che non sia vero, che ha dato il calcio intendo) e Belen viene stroncata anche dai suoi fans per alcune dichiarazioni su qualche social.
Ragazzi che fatica stare dietro a tutto quello che succede nel mondo!
Poi ti fermi, pensi, e ti viene in mente che in questo preciso istante milioni di alberi sull'orbe terraqueo stanno crescendo senza fare il minimo rumore, che milioni di bozzoli si stanno aprendo per far uscire milioni di farfalle, e che, purtroppo, milioni di bambini stanno soffrendo per la fame e la sete.
Nonostante tutto, preferisco il secondo mondo che ho visto. 

L'Oste Juan

venerdì 23 ottobre 2015

L'odore della carta, finalmente

Volevo dire una cosa.
E volevo dirla perché mi va di farlo.
E se la dico è perché questa cosa l'ho sempre sostenuta: mi piace leggere su lettore, ma soprattutto, mi piace la carta. Io sono uno di quelli che amano l'odore della carta.
Sono uno di quelli che negli anni scorsi, dai colleghi del blocco C, sono stato preso un po' per i fondelli, considerato sorpassato, matusa. Uno di quelli ai margini perché non avevo un'orgasmo se si parlava di epub, 'peso' in kbite, problemi con la formattazione, e via dicendo.
Uno di quelli che non capivano, che mi dovevo adeguare all'autoproduzione perché è la nuova frontiera, che avrebbe sbaragliato ogni altra forma di editoria.
L'ho detto all'inizio e ne ho parlato in decine di post sul vecchio blog: io sono il felice possessore di un lettore ereader, vecchio ormai di 5 anni ma ancora perfettamente funzionante e che adopero regolarmente specie quando viaggio in treno o devo passare una nottata fuori.
Però non posso stare senza un libro di carta in mano.
Perché tutto questo panegirico?
Perché mi è capitato qualche giorno fa di leggere un post dal blog di Gelo dove parla con ardore del libro che ha finalmente finito di scrivere e che per lui è molto importante. E, arrivato al termine, proprio nelle ultime righe, ho dovuto soprassaltare dalla mia sedia a queste sue parole: "E lo voglio pubblicare, in modo serio, su carta."
Ora non voglio tirare in ballo il Gelo, né farlo entrare in una qualche polemica: per me lui resta uno dei massimi esponenti della famiglia che mi ha iniziato al blogging e uno scrittore che ho letto con piacere. Ma leggere quelle parole... .
Quindi se non ho capito male (ma l'italiano è una lingua con la quale ho una certa dimestichezza) per lui il modo serio di pubblicare qualcosa è quello su carta.
Non ho pianto, questo no, ma si è sciolto in gola un groppo che avevo da tempo: anche Gelo, dall'avamposto della tecnologia moderna, vuole fare sul serio e pubblicare in cartaceo.
Basta, non dico nient'altro, non voglio perdere la magia del momento.
E così sia.

P.S.: immaginate un po' la famosa scena tratta da Il nome della Rosa quando Adso da Melk si ritrova nella biblioteca del monastero e si perde (letteralmente) nella visione degli amati volumi; e ora immaginate se invece di manoscritti odorosi ci fossero stati qualche Kobo e un po' di Kindle. Non sarebbe stata la stessa cosa!



L'Oste Juan
E lo voglio pubblicare, in modo serio, su carta.
E lo voglio pubblicare, in modo serio, su carta.
E lo voglio pubblicare, in modo serio, su carta.
E lo voglio pubblicare, in modo serio, su carta.
E lo voglio pubblicare, in modo serio, su carta.
E lo voglio pubblicare, in modo serio, su carta.

giovedì 22 ottobre 2015

Quelli delle mutande firmate

Basta, basta, basta!
A volte arrivi al punto di saturazione senza neanche accorgertene; io invece me ne sono accorto.
Una volta per essere considerato qualcuno dovevi almeno vincere un Nobel, o un Oscar, o diventare Miss Italia. Oppure essere Mussolini o Stalin, ma questo è un altro discorso.
Per esempio Luigia Lollobrigida da Subiaco (che Miss Italia non fu mai) arrivò terza a Stresa (a Miss Italia appunto) dove era approdata non dopo le selezioni di Miss Carotina Bella e Miss Mutanda Strappata, ma a furor di popolo dopo essere arrivata, a sua volta, seconda a Miss Roma e solo grazie alla sua bellezza. E poi la sua carriera surclassò di molto quella delle prime due sul podio, Lucia Bosè e Gianna Maria Canale.
Questo per fare un esempio di persone che sono diventate qualcuno per meriti intrinseci.
Adesso, invece, puoi prendere un Samsug qualsiasi, ti metti davanti allo specchio, ti spari qualche posa mentre fai V con le dita della mano libera o indichi lassotto con l'indice.
Quindi apri una pagina FB (se non ce l'hai già), chiedi l'amicizia a tutti gli amici e amici degli amici, gli spammi le tue foto e aspetti.
Normalmente tempo due giorni la tua foto dove spuntano dai pantaloni a vita bassa le mutande justcavalli è già in cima ai like quantomeno della scuola, poi della circoscrizione e, se proprio si vede anche un po' di coscia, del paese.
A questo punto devi avere solo la fortuna che un rudyzerbi della domenica passi da lì e ti ritrovi in prima serata su Canale5.
E sei qualcuno.
Non si sa bene qualcuno 'chi', ma sei qualcuno.
Il discorso è anche più facile se sei femmina (non donna, femmina) e hai conoscenze non solo virtuali.
Sono sessita? Forse sì, ma non mi interessa... Le cose vanno così, dimostratemi il contrario. Ho imparato, spesso a mie spese, che la realtà è molto diversa dalle utopiche farneticazioni che facevo quando avevo 20 anni.
Viviamo nell'epoca in cui se ti sta crescendo un brufolo alla base del naso, c'è bisogno che lo sappia tutto l'universo creato (cit.) e perché ciò accada basta il famoso Samsug qualunque e una connessione a internèt, che si può trovare anche aggratis fuori da un qualsiasi locale pubblico che abbia il wi-fi.
Ecco, oggi questo è il concetto di avere 'qualcosa da dire'.
Tutto ciò da anche lavoro a decine e decine di tuttologi (tuttologhi?) d'ursizzati (o gilettizzati, fate voi) che hanno un'idea su ogni cosa, compreso il brufolo alla base del naso, che diventa un'attualizzazione della protesta sociale di un Buñuel o di un Pasolini (chiedo umilmente scusa e perdono ai succitati maestri...).
Ho scritto questo pezzo per due motivi.
Anzitutto perché, effettivamente, sto cominciando ad avere i didimi pieni di tutte quelle cose che si leggono su FB, Twitter, Instgram, Pinterest, etc. etc., e mi faccio schifo da solo quando mi soffermo a leggere certi post a corredo di certe foto di imeni quasi al vento buttati su un plaid di Hallo Kitty o Violetta, non so se mi spiego.
Secondo perché era da un po' che non postavo, anche se solo per motivi di tempo; d'altra parte il mio è un blog diaristico, quindi scrivo quando mi va di dire qualcosa. Abbiate pietà: non sono Soren Kierkegaard!
Terzo... erano due i motivi? evvabbè ci aggiungiamo questo, non ve la prendete vero? Terzo, dicevo, perché domenica ho ricevuto un caxxiatone pauroso da un amico che mi chiedeva che fine avessi fatto.
E quindi sono qui. E chiudo questo post con un qualcuno (per restare in tema) che la sua qualcunità se l'è guadagnata e alla grande.
Alla prossima! 



L'Oste Juan

venerdì 2 ottobre 2015

Che poi, oggi, sarebbe anche la festa dei nonni!

Cosa vorresti lasciarmi, tu?
Cucù! Eccomi ancora a voi.
Vi ricordate di me? Sono quello che nelle foto sta sempre in alto a sinistra e che ha invariabilmente qualcuno col cappello con la piuma da alpino che lo nasconde completamente.
Bene, se qualche volta avete visto una foto del genere, io ero là.
E sono sempre io, l'oste Juan, che sta per tornare dopo il tornado lavorativo dei primi giorni di scuola; come dire: la quiete dopo la tempesta. Solo che non so se personifico la quiete o la tempesta.
Ma non importa: l'essere in quanto tale è neutro, esiste e basta; le sue connotazioni spettano a chi lo individua e riconosce.
Non è che abbia battuto la testa e mi sia dato alla filosofia o, come Woody Allen in Zelig, mi sia trasformato in rabbino. Per quanto: essere un rabbino, con la lunga barba bianca, il payot e quel movimento continuo del busto mentre tiene la Scrittura in mano... devo dire che l'immagine mi piace. Poi però la riguardo meglio e mi accorgo che è piena di ansia, incoativa, sospesa, come di chi sia lì lì per arrivare alla meta e la manca sempre di un soffio. Ma che vive ugualmente per tutto ciò, cosciente che questo è il suo destino, un po' come chi aspetta Godot.
In questi giorni sono successe un mare di cose: belle, brutte, stupefacenti, inca**evoli (il termine si capisce vero?). E avrei voluto ogni volta dirvi cosa ne pensavo. Ma il tempo era sempre poco...
Così mi fermo all'oggi.
Oggi è la festa dei nonni, e non so se posso fare gli auguri a qualcuno di voi, ma credo di no.
Comunque penso: che festa sfigata quella dei nonni! Non solo si passano preziosi anni della propria vita (che si sono aspettati in trepidante attesa di riposarsi e darsi a tutto ciò che si è sempre sognato di fare) a badare a mocciosi che i tuoi figli ti lasciano perché "hanno da fare"; per di più devi sorridere ai "mi dispiace, ma tanto lo so' che lo fai con piacere!". E quando poi arriva il 2 ottobre ti vedi anche recapitare un bel vassoio di pasticcini (che magari non puoi mangiare per il colesterolo e la glicemia), accompagnato da un frignante pargolo che resterà con te, a farti compagnia e festeggiare, mentre la mamma e il papà sbrigano qualche faccenda. Come se mettessero un malato che potrebbe avere una brutta malattia in una sala d'attesa con vista sull'obitorio.
D'altra parte noi siamo uomini, e fa parte dell'esserlo il complicarsi la vita. Pensiamo solo a chi ha fede in un dio, qualunque esso sia. Chiunque crede, sa che è stato creato perché questa entità lo ama tantissimo e vuole che egli, la sua creatura vada a vivere con lui, per godere, come lui, di tutto il meglio che ci possa essere nella vita e anche al di là di là di essa. Ebbene, il credente accetta non solo di essere stato creato, ma accetta anche di dover lottare quotidianamente contro il maligno che cerca di sottrarlo alla mano misericordiosa del suo creatore; di dover soffrire malattie fisiche e spirituali; di dover sopportare la cattiveria degli altri... 
Ma io mi chiedo: se questo dio è davvero così buono, non ci potrebbe evitare tutta 'sta mmuina e tenerci con lui a godercela per omnia secola seculorum?
Forse adesso capisco perché si dice: mistero della fede!
E per oggi, mentre cala la sera, è tutto.

L'oste Juan