martedì 1 dicembre 2015

Voglio vivere in bianco e nero

Io alle volte chiudo gli occhi e sogno.
E sogno tutto in bianco e nero.
Sogno storie dove i personaggi si chiamano Veronica e Cerutti Gino, Mario e il Riccardo che, a quanto dicono, da solo gioca al biliardo ed è il più simpatico che ci sia.
E poi c'è Vincenzina che non mette neanche più il foulard per andare in fabbrica... 
Sento musica ormai démodé e voci familiari provenire dal Quai des Orfèvres: "Torrance! Fammi portare un calvados!", "Certo Commissario!" o dal 132 di boulevard Richard-Lenoir: "Signora Maigret! Allora, il tuo innamorato oggi cosa ha fatto?", e Andreina Pagnani che si schermisce arrossendo: "Ma va... ma va... ".
Poi riapro gli occhi e mi torna la tristezza.
Forse sono anche io uno di quelli che... ?




Il triste e fuori posto Oste Juan

8 commenti:

  1. Siamo in due a voler vivere in bianco e nero, mi sa.

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    1. Eggià, perché per certe cose... ci vuole orecchio e ce ne vuole tanto, anzi parecchio!

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  2. Al di fuori dei programmi televisivi degli anni '60 e '70, di una parte delle foto di famiglia e di qualche vecchio film di Tarzan, per il resto i ricordi del mio lontano passato sono tutti a colori. E che colori!

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    1. Fortunato te! Io sono in un momento decisamente grigio, che non è nero ma neanche tanto da stare molto allegri. Non che sia successo qualcosa di particolare ma, come dicevo in qualche altro post, mi sento fuori posto, incapace di affrontare con positività ciò che mi circonda. Mi manca il guizzo, la trovata, la spinta, la visione. Evvabbè, magari passa, magari mi ci abituo, magari nel frattempo muoio...

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  3. Mi unisco al gruppo del bianco e nero, bello, evocativo e tavolozza ideale per aggiungere colori personalissimi. Poi, più in generale, ci sono cose che sono solo in bianco e nero, devono rimanere tali. Ad esempio Tarzan, citato da Ivano, per me è solo Johnny Weissmuller.

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    1. Come avrai capito il mio era un b/n più interiore che guarda ad un periodo anche storico preciso, magari mitizzato ma ben delineato. Questo è un pezzo un po' in sequenza degli ultimi post che ho scritto. Non riconoscersi nel mondo che ti circonda da' una sensazione di impotenza, specie quando non hai i termini di paragone, i criteri per comprendere. Ricordo, tantissimo tempo fa, io avevo forse 15-16 anni, andai a Reggio Calabria a trovare i parenti. Andai anche da mio cugino che allora studiava ancora all'università, economia e commercio, ed era alle prese con una serie di calcoli, rette, equazioni che riempivano tutta la pagina. Chiesi di cosa si trattava e mi spiegò in due parole cos'era; in fondo per lui erano cose semplici, ma solo perché aveva le basi per capire, per me erano solo numeri e segni. Ecco, magari la società odierna è lampante, facilmente comprensibile, ma io manco delle basi minime per farlo.

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