martedì 31 marzo 2015

Boomstick Awards 2015, sei mio!

La classe non è acqua! Vero Camilluccio?
Ho appena aperto e mi trovo già invischiato in lotte di potere, rincorse per la celebrità, scalate alle vette della notorietà!
Insomma, sono stato nominato da Glauco per il Boomstick Awards 2015 lanciato qualche annetto fa da Book and Negative!
Le regole sono ferree e vanno rispettate, anzi proprio copiaincollate, quindi per torgliermi subito il dente:

1) i premiati sono 7. Non uno di più, non uno di meno. Non sono previste menzioni d’onore
2) i post con cui viene presentato il premio non devono contenere giustificazioni di sorta da parte del premiante riservate agli esclusi a mo’ di consolazione
3) i premi vanno motivati. Non occorre una tesi di laurea. È sufficiente addurre un pretesto
4) è vietato riscrivere le regole. Dovete limitarvi a copiarle, così come io le ho concepite.
Praticamente funziona così: qualcuno pensa che il tuo blog sia bellerrimo (e lo giustifica, mica come fanno i politici quando chiedono i rimborsi!) e meritevole di essere conosciuto dall'universo criato (come direbbe Montalbano), perciò ti nomina e tu vinci il simbolico premio del bannerino con cui fregiarti dalle pagine del tuo sito.
L'ambito bannerino che, come dicevo, viene assegnato per promuovere attraverso internet blog nuovi e/o meritevoli (cit.) sarebbe quindi nuovamente mio. Ma...

Avevo già avuto la menzione nelle scorse edizioni, quando esisteva ancora Il Garage di Demetrio. Rispetto ad allora non è cambiato niente, perciò anche oggi come allora vengo meno alla catena e invece del banner figo assegnato a chi fa i compiti e nomina altri 7 (s)figati (avete notato come le parole si somigliano sia per i bravi che per i cattivi: figo - sfigato?), preferisco vincere l'altro: il Bitch, Please Award, dato a chi non manda nessuno in nomination (lo so che è tutta un'altra cosa, ma oggi sono in vena di zingarate).
Dicono che questa cosa porti sfiga (ancora!?), che si perdono tutti i lettori e pure i capelli. Ma tenendo conto che i miei lettori sono 3 forse 4 e i miei capelli calano al ritmo inverso della disoccupazione in Italia, non ho molto da temere.
Perciò, ringrazio Giordano-Germano-Lucia-Silvia-Marina (cioè Book and Negative) per aver dato vita al gioco; Glauco per avermi nominato; e Luca Cordero di Montezemolo, che qualche santo in paradiso è bene sempre avercelo.
E ringrazio ancora tutta quella bella gente per avermi dato l'occasione di un altro post con cui riempire queste pagine, visto che la storia di Lillo Melidoro non è ancora giunta al termine.

L'oste Juan



sabato 28 marzo 2015

Di donne, sesso e letture giovanili

miiiih che spettacolo!
Pare che Giacomo Leopardi da Recanati non fosse un gran donnaiolo.
D'altra parte con quell'infanzia passata tra una biblioteca e una spinetta non c'erano i presupposti per pomeriggi elettrizzanti in salone. Ve l'immagginate il giovane Giacomino che, quindicenne ormonalmente in bollore, cerca di infilare la sua mano sotto i dieci strati della gonna della nipote della vicina di villa o che stringe al muro la figlia della cuoca con lo sguardo di un Marlon Brando allupato?
Quella mani che scriveranno
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,

Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male
potevano andare alla ricerca di altro che di penna e calamaio? E non mi venite a parlare dell'attinenza con la plume e l'imboccatura del calamaio, o con altri doppisensi del genere.
Ora, sono passati più di 160 anni, e neanch'io me la sono cavata bene con le donne.
Anch'io ho passato la mia fanciullezza tra libri e vocabolari, prima con Jules Verne ed Emilio Salgari (e fin qui... ), poi immerso nelle pagine di Cesare Pavese.
Con questo retroterra, potrei chiedere a Wody Allen i diritti sulla storia per la sceneggiatura di Provaci ancora, Sam, ma non lo faccio perché dovrei mettere in piazza un bel po' di cose che non mi piacciono.
Non vorrei tuttavia che passasse l'idea che se uno legge troppo, poi non esercita il diritto a sco***re, ma diciamo che vengono minati alcuni parametri essenziali per la sua messa in pratica.
Non è questione di cervello, ma proprio di letture.
Ai miei tempi, più o meno 50 anni fa, se incontravi in una pubblicazione una donna scollacciata voleva dire che stavi sfogliando probabilmente una rivista per maschietti un po' cresciuti. Oggi, invece, i libri ci dicono che se non sei un vampiro, un lupo mannaro, un naziskin ubriaco o un prete stonacato (e a volte anche con la tonaca) non hai speranze.
Naturalmente ci sono fior fiori di eccezioni, ma nella norma mi sembra sia così.
Con premesse del genere, cosa vole(va)te da me?



 L'oste Juan

mercoledì 25 marzo 2015

Lillo Melidoro: les jeux sont fait! (4 - racconto)


Beh... non esageriamo, non è proprio Patrizia!

Torna Pasquale Melidoro, nomato Lillo.
Dovete sapere, e questa è storia, che nel paese natio del nostro eroe, qualsiasi nome maschile è abbreviato in Uccio o Lillo. Vi chiamate Pasquale? Siete Lillo. Vi chiamate Raffaele? siete Uccio, Vi chiamate Carmelo? Ecco qui potete scegliere: Uccio o Lillo! E non vado avanti per non tediarvi.
Tornando alla nostra storia, che so non interessare essenzialmente a nessuno, stiamo arrivando verso i passaggi finali. Stavo per scrivere 'la conclusione', ma poi mi sono detto: e che penseranno i miei lettori? Una storiella così, da poco e di poco conto... . Almeno diamogli una parvenza di decenza.
E così succede che...


Lillo Melidoro: les jeux sont fait!
 


Patrizia guardò l’orologio sul comodino. Perché Lillo tardava?
Scosse la testa sul cuscino, dicendosi che quella storia non poteva continuare. Non ce la faceva più a badare a tre cani alla catena ma pronti a saltarle ugualmente addosso.
Bastava un passo falso, un momento di distrazione e tutto andava a puttane.
Rise, girandosi verso la toeletta e guardandosi allo specchio.
Tutto andava a puttane! Ma non era quello che aveva sempre fatto? La puttana?
Don Alfonso era stata la fortuna della sua vita: incontrarlo, fargli perdere la testa, riuscire a farsi sposare, a spillargli ogni giorno una fetta bastevole della torta.
Lillo era stato il primo passo verso l’aria fresca, quello che gli doveva dare ciò che don Alfonso non poteva: la giovinezza, la forza, i muscoli, l’allegria.
Benny era il secondo passo: per uscire dal solito giro, cominciare a guardare fuori casa (perché Lillo, in fondo, era sempre una dipendenza di don Alfonso), l’avventura pura, senza annessi e connessi.
Le era venuta voglia di una sigaretta. Allungò la mano verso la borsa, ma poi ricordò che a Lillo dava fastidio il fumo in camera da letto e lasciò stare.
O era a Benny che non piaceva? O a don Alfonso?
Le cose si stavano maledettamente complicando.
Non riusciva più a reggere la situazione.
Ma perché Lillo tardava così tanto?

*****

Lillo parcheggiò l’auto, entrò nell’alberghetto, sopportò la solita manfrina di Mimì e salì in camera.
Patrizia era già pronta, come al solito.
Sbrigarono la faccenda in modo sufficiente e per un tempo al minimo sindacale.
Poi Lillo si accese una sigaretta.
‘Allora non è lui che non sopporta il fumo in camera’ pensò Patrizia.
Distesi su quel che rimaneva di coperte e lenzuola, erano tutti e due in silenzio, ognuno aspettando che fosse l’altro a dire qualcosa.
“Come sta Benny?”
“Chi?”
“Benny… “ questa volta non era una domanda.
“E chi è questo Benny?” Patrizia si era girata verso Lillo puntandosi col gomito e lasciando pendere il seno destro nel vuoto.
“Quello che devi incontrare domani… ” rispose Lillo sempre rimanendo a fissare il soffitto.
“Ma di che stai parlando?” La voce di Patrizia salì di un semitono.
“Senti” disse Lillo voltandosi verso la donna, “mettiamo le cose in chiaro: so tutto di te e Benny, e come faccio a saperlo non ti riguarda, non fa differenza. Quello che fa differenza, almeno per te, è che lo sa anche il boss”.
Patrizia rispose ricadendo sul cuscino, con i seni che le si divisero, ognuno dalla propria parte.
(Patrizia non ha mammelle molto grosse, ma riescono ad andare indipendentemente, quando la gravità lo richiede.)
“E… tu come fai a… sapere che lui… lo sa?”
La domanda era precisa, perché metteva nel giusto ordine gli uomini: prima il boss e poi Lillo.
“Ok, giochiamo a carte scoperte. Don Alfonso mi ha chiamato e mi ha detto che lui sa che c’è qualcuno che si tromba la moglie e vuole che io faccia un controllo.”
“Ma anche tu vieni a letto con me! E da prima di Benny!”
Finalmente ci era arrivata.
“Già che Benny mi faccia concorrenza non mi va. Che poi sia venuto dopo di me mi piace anche meno.”
I due fecero silenzio per un po’.
Patrizia stava prendendo coscienza che, forse, la favola era finita.
Ma una parte della sua bionda testolina, lì dentro, aveva già iniziato a cercare una soluzione.
“Senti, se Alfonso sa di Benny, potrebbe sapere anche di te… “ iniziò senza sapere bene dove andare a parare, tanto per far partire la macchina.
“È vero, ma dimentichi che sono io a dover dare una risposta a don Alfonso.”
Il  cervello di Patrizia correva, correva senza una meta. Doveva analizzare ogni parola, ogni situazione, cogliere ogni sfumatura che le desse un vantaggio.
Poi capì all’improvviso che l’unica soluzione era trattare con Lillo, cedere momentaneamente  le armi.
“E allora che si fa?” chiese.
“Bene, questa risposta mi piace” disse Lillo.

(... continua... )

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In copertina dipinto di J.H. Fragonard, pittore di cui non avevo mai sentito parlare prima e di cui, sinceramente, non sento l'esigenza di approfondire la conoscenza... 

sabato 21 marzo 2015

Ma se questo non è l'ISIS, cos'è?

A volte, c'è poco da ridere...
Voglio raccontarvi un paio di storie, vere, capitate ad un mio amico, che chiamerò Pippo per comodità.
Perché vi racconto i fatti suoi?
Perché un giorno o l'altro, in un modo o nell'altro, per un verso o per un altro, queste cose saranno capitate o potranno capitare a tutti. 
E l'osservazione che mi è sorta spontanea è stata proprio quella che avete letto nel titolo: ma se questo non è l'ISIS, cos'è?
Ora forse alla fine mi direte che questo mio amico è proprio sfortunato. Non lo so, però so che, in fondo, non ha fatto altro che chiedere qualcosa di rispettabilissimo in tutti e due i casi, e che la risposta è stata sempre la stessa.
Primo caso, in ordine cronologico.
Pippo abita in una cittadina della pianura padana piemontese, di circa 40mila abitanti, è di fede evangelica di estrazione pentecostale (almeno a occhio) e finora aveva frequentato alcune comunità cosiddette 'storiche': ADI, chiesa metodista...
Poi ha abbandonato per qualche anno e in questi ultimi mesi ha ripreso a frequentare una comunità che si riunisce in una cittadina a una ventina di chilometri da dove abita.
Poiché la maggior parte dei partecipanti a quelle riunioni di preghiera, oltre allo stesso pastore, sono del suo paese o di luoghi vicini, aveva pensato, daccordo col gruppo, di ricercare un luogo nella sua città in cui potersi riunire alla domenica. Tutto ciò anche per risparmiare tempo e danaro per gli spostamenti per una ventina di persone.
Da premettere che la sua comunità dice chiaramente che è disposta a pagare una quota d'affitto per l'eventuale utilizzo dei locali.
Bene, sono passati quasi quattro mesi e, per quanto abbia bussato a molte porte, Pippo non è riuscito a trovare nessuna disponibilità.
Niente presso gli oratori cattolici (ben tre) che erano i posti ideali e più indicati, vista la grande disponibilità di locali. E visto anche che gli stessi locali vengono regolarmente affittati per feste di compleanno, riunioni condominiali e chi più ne ha più ne metta. Il diniego perché (qualcuno l'ha detto apertamente, qualcun altro no) il vescovo ha deciso così. Un po' una guerra di religione post litteram.
Niente presso il comune, il quale ha anch'esso molti locali da poter mettere a disposizione. Ma ancora, a distanza di mesi, non c'è stata alcuna risposta ufficiale.
Niente presso la chiesa ADI (pentecostali!) perché, questa la giustificazione, il gruppo del mio amico non fa parte della loro congregazione.
Non voglio fare commenti per ora, perciò passo al secondo caso capitato sempre a Pippo (e sì, deve essere proprio sfortunato!).
Il mio amico ha scritto un libro, a 4 mani, sull'Ho'oponopono Cristiano e ha pensato di farne una presentazione sempre nella sua ridente cittadina. Tenendo conto che c'è un bel punto vendita di una grossa casa editrice, ma che la stessa ha richiesto più o meno 100 euro per tenere l'incontro, si è recato presso un'altra libreria, specializzata tra l'altro in letteratura spirituale. 
Quale posto migliore! si è detto Pippo.
Ma anche qui ha dovuto fare i conti con una risposta negativa. Il motivo? Il libraio pensa che l'Ho'oponopono sia solo spazzatura New Age e si rifiuta di concedere i locali. Liberissimo di farlo, è casa sua, ma Pippo avrebbe qualcosa da ridire su questa sua convinzione.
Ora, a conclusione di queste storie, ribadisco il titolo che ho dato al post: ma se questo non è l'ISIS, cos'è?
Quella dei terroristi non è forse chiusura mentale, mancanza di cultura, disprezzo di chi la pensa diversamente e il tutto portato fino alle estreme conseguenze, cioè l'eliminazione fisica dell'altro?
Come avete potuto leggere fin qui, penso che anche da noi siamo sulla buona strada. È solo che ancora non c'è la libera vendita delle armi.

L'oste Juan

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La vignetta presa da qui

venerdì 20 marzo 2015

CHI ci racconta COSA?


Chi ci racconta cosa?
Gli unici momenti che ho in cui posso camminare durante la giornata è quando faccio il tragitto casa-negozio e viceversa, due volte al giorno. Cerco sempre di allungare più possibile la strada, se non sono in ritardo, per prendere un po' d'aria in più e fare movimento, visto che poi dovrò rimanere fermo in cartoleria per 9-10 ore.
Durante questo percorso (in media una ventina di minuti, mezz'ora) ascolto qualcosa dall'Mp3: musica che ormai i gggiovani d'oggi considerano solo evergreen: genesis, pinkfloyd, guccini, fossati, classica...; oppure la radio, e questa è fissata normalmente su Radio24. Un po' perché odio sentire le radio che strombazzano l'ultimo successo di xyx e che ha su di me invariabilmente una sola reazione (ve la risparmio, ma non dovete andare molto lontano con la fantasia: in fondo a destra) o che disquisiscono (si proprio disquisiscono, andatevi a leggere la bella intervista ad Alessandro Forlani sul blog di Nick Parisi in cui parla dell'importanza di usare bene le parole!) di sesso degli angeli e margarinacalvè.
Apro parentesi. L'unico programma che non sopporto proprio di Radio24 è "La Zanzara": non capisco perché per esprimere la propria opinione bisogna infarcirla di parolacce e frasi offensive; più che un programma radiofonico mi da' l'impressione di una cloaca in età imperiale. Chiudo parentesi.
Ieri alle 12,30 ascoltavo Gianluca Nicoletti nel programma Melog. Intervistava non ricordo quale giornalista e l'argomento era: i fatti di Tunisi. Il giornalista ad un certo punto ha fatto un'argomentata osservazione che mi ha fatto riflettere, su quei fatti terroristici e sull'informazione in genere: noi ci facciamo un'idea di ciò che accade in Italia e nel mondo in base a ciò che ascoltiamo da radio, tv e giornali. Alla domanda di Nicoletti su quale fosse la sua idea sull'accaduto, infatti, l'intervistato ha risposto che non si trovava d'accordo con l'analisi fatta dalla maggior parte degli altri giornalisti, perché (questo è il centro del problema) essi stessi non erano informati da fonti attendibili, ma solo di seconda mano, per così dire. Qui non si tratta ovviamente della buona o mala fede dei giornalisti; riguardo a questo, infatti, quando al mattino vado a sfogliare virtualmente i quotidiani dal PC, le mie mani si rifiutano categoricamente di digitare alcuni titoli di testate.
Mi rendo conto che il problema è talmente vasto che non basterebbe una serie di cene ad Arcore con relativo dopocena per schiarirsi le idee, ma cerco di dire qualcosina.
Quali sono le fonti della maggior parte dei giornalisti? Le agenzie ANSA, REUTER e via dicendo. Purtroppo anche queste fonti, per certi versi, sono inattendibili perché, come è anche naturale che sia, riportano fatti ed opinioni così come vengono riferite spesso da agenzie 'ufficiali' che hanno anche il loro interesse nella faccenda. Faccio un esempio: riguardo alla guerra civile in Ucraina, io potrei prendere in considerazione solo agenzie filo-Mosca o solo anti-Mosca. In questo caso, cosa potrei capirci?
Ed è ovvio che non posso andare a leggere ogni cosa che viene pubblicata su ogni singolo argomento, anche perché non conoscendo le lingue straniere non saprei dove andare.
Questo post quindi non vuol essere un attacco alla stampa, ai giornalisti, né vuole entrare nella (sterile) polemica sulla cosiddetta stampa di regime, visto che quest'ultima viene tacciata di essere tale dalla stampa d'opposizione: tutte e due agiscono per partito preso (e passatemi il doppio senso sulla parola partito!).
Ho voluto solo riflettere un attimo con voi, nel modo più neutrale e distaccato possibile, su cosa sappiamo realmente noi di ciò che accade nel mondo.


L'oste Juan

mercoledì 18 marzo 2015

È finita la crisi!

Quelle sì che erano crisi!
La crisi è finita!
Lo dicono tutti: giornali, economisti in TV, in radio, la mail automatica della banca che ti invita ad investire (cosa, poi, ancora non si sa).
E si sente nell'aria che la crisi è finita. Tutti sono ottimisti, dicono: ma sì, in fondo pare che qualcosina si muova, e mettono in quella parolina tutte le speranze del mondo. Ma in fondo in fondo ci credono.
Quindi anch'io ci credo, veramente.
Solo che la fine della crisi mi fa venire in mente un malato di cancro.
Nella mia famiglia abbiamo molta... famigliarità con questa cosa, perciò conosco bene ciò di cui parlo.
Ebbene, quando tutto è perduto, quando le cure non servono più a niente, ti mandano da un chirurgo e gli dicono: vedi quello che puoi fare. E il bravo chirurgo ti apre, pulisce al meglio tutto quello che non ci dovrebbe essere e poi ti richiude. Dopo di che ti dice: se sei tifoso di qualche santo, procuratene una figurella e mettitela in tasca.
La crisi ha fatto esattamente la stessa cosa: ha eliminato dalla società tutta quella parte che cominciava a puzzare troppo, un esercito di uomini e donne che avevano poco prima e non hanno niente adesso. 
Quelli, invece, che sono rimasti ancora in gioco hanno visto i pochi ricchi già esistenti allontanarsi sempre di più, come quando le Ferrari nello scorso campionato di Formula 1, subito dopo la partenza, vedevano le Mercedes andarsene per la loro strada e aspettavano solo il momento in cui sarebbero state doppiate.
Allora la crisi è finita veramente, ma non perché si sono riequilibrate le sorti della gente, non perché la Ferrari ha ricominciato a correre, semplicemente perché la storia ha fatto pulizia.
Ora si ricomincia, fino alla prossima crisi, fino a quando, cioè, ci sarà di nuovo troppa spazzatura umana in piazza.

L'oste Juan (pessimista o realista?)

martedì 17 marzo 2015

Lillo Melidoro: les jeux sont fait! (3 - racconto)



Gioie e dolori per un telefonino...

Abbiamo un problema! Le diavolerie della tecnologia moderna e le vecchie care corna, sana alimentazione di serate attorno al fuoco o mattinate al tavolino di un bar, diventano una miscela esplosiva, almeno per Lillo Melidoro. Che scopre...




Lillo Melidoro: les jeux sont fait!

Essere preso in giro, e per di più da una donna, e ancor di più da Patrizia, non era una cosa che a Lillo potesse andare giù.

Il piano era stato innescato e quella mattina Lillo aspettava solo la telefonata del boss per mettersi in moto. E quando don Alfonso lo chiamò per dirgli che Patrizia gli aveva appena comunicato un itinerario per la mattinata abbastanza nebuloso da essere improbabile, Lillo partì.

Sapeva dove era diretta Patrizia, visto che era proprio con lui che si doveva incontrare.

Tuttavia una telefonata di controllo non era male.

Il cellulare squillò diverse volte prima che la donna rispondesse.

“Lillo, ti sto aspettando, dove sei?”

Era una voce un po’ impacciata, di chi è beccato con le mani nella marmellata. Ma in fondo la marmellata sono io, pensò Lillo, quindi non c’è problema.

“Sto arrivando. Tu sei pronta?” doveva mantenere il tono da macho di sempre.

“Certo. Per te sono sempre pronta.”

Ancora una volta la voce di Patrizia suonava falsa all’orecchio allenato di Lillo, ma lui sapeva che quest’incontro probabilmente avrebbe preso una piega molto diversa dal solito, quindi non ci fece caso.

Tante volte Patrizia l’aveva preso in giro per la sua incapacità a chiudere alla cieca il proprio cellulare; ma adesso il fatto regalò all’uomo una sorpresa.

Nell’attimo che impiegò per staccare il telefono dall’orecchio e portarlo davanti agli occhi per individuare il tasto giusto (maledetto touchscreen!), Lillo sentì qualcosa che lo lasciò stranito: una voce provenire dal telefono.

E la stessa voce continuava a sentirsi ancora.

Evidentemente Patrizia aveva lasciato il cellulare acceso e stava parlando con qualcuno.

Ma con chi, se avrebbe dovuto essere da sola nella stanza d’albergo ad aspettarlo?

Lillo, cercando di fermare anche il suono del proprio respiro, si mise in ascolto.

“Benny, te l’ho detto, ora sono occupata… no, no, non ti preoccupare, domani ho conservato la giornata tutta per te. A che servono sennò le zie malate? Stasera riceverò una telefonata e domani dovrò correre fuori città per sincerarmi della salute di zia Maddalena… certo che ti avviso, stai tranquillo! Tanto nessuno conosce questo cellulare con cui ci sentiamo, quindi Alfonso, pure volendo, non potrebbe controllare le chiamate… Va bene, sì, va bene, stai tranquillo… Adesso?... Adesso sto aspettando Lillo… come chi è?... certo che lo conosci, magari non di persona… è il prestanome di Alfonso… ma sì… no, no, ormai sta diventando pesante… con te… certamente… con te è tutta un’altra cosa… che dici?... carne fresca?... mettila un po’ come vuoi!”

Ma con chi stava parlano Patrizia? Aveva un telefono segreto? Anzi un secondo telefono segreto? visto che anche quello che usava con lui ufficialmente non esisteva.

E chi era Benny? L’unico che conosceva era l’istruttore di quella palestra in periferia di proprietà di don Alfonso, che tra l’altro non era neanche quella che Patrizia frequentava.

“Senti ora devo chiudere, Lillo potrebbe arrivare da un  momento all’altro… Ok… , ti amo anch’io… a domani… Baci. Baci.”

Poi solo rumori vari: le molle del letto, il fruscio della carta; quindi tutto fu sostituito dall’audio del televisore.

Lillo chiuse il proprio telefono; evidentemente Patrizia non si era accorta di niente.

La situazione si stava ingarbugliando e Lillo aveva bisogno di pensare.

Scese dall’auto e cominciò a passeggiare nella piazzola dove si trovava.

Dunque, cerchiamo di ricapitolare, si disse poggiandosi alla macchina e accendendosi un sigaretta.

Patrizia aveva un amante, un altro amante, e questo implicava due cose. La prima: lui non era l’unico a sostituire don Alfonso nel letto della ragazza; e questo non gli andava proprio. La seconda: ufficialmente le corna che don Alfonso sentiva sulla testa potevano anche non essere quelle che gli metteva con lui; e questo gli apriva una vallata piena di sole e uccellini cinguettanti in testa.

A Lillo, Patrizia non era importata mai più di tanto. Si trattava solo di un passatempo gratuito e di una specie di rivalsa verso il suo capo, un uomo che grazie alla sua firma faceva una barca di soldi ogni giorno.

Quindi era sacrificabile.

Sì, sacrificabile, perché quella era l’idea che gli era nata in testa.

No, no, niente violenza, c’è troppa fatica nella violenza e troppo poca vera soddisfazione.

Ma ci sono tanti modi di sacrificare qualcuno o qualcosa.

Terminò di fumare la sigaretta e l’idea era chiara in mente.

È vero che ci sono giornate che nascono storte, ma alcune di queste riescono a finire meravigliosamente.

Salì sull’auto e ripartì.